TRUST AUTODICHIARATO, ANALISI DELLE CRITICITÀ E INDICAZIONI OPERATIVE

Negli ultimi anni il Trust è diventato uno strumento sempre più utilizzato per la gestione e la protezione del patrimonio. Al tempo stesso è oggetto di crescente attenzione da parte della giurisprudenza e dell’Amministrazione Finanziaria. La possibilità per il disponente di istituire un Trust nel quale riveste anche il ruolo di Trustee, il c.d. “Trust autodichiarato”, solleva tuttavia delicate questioni di validità, opponibilità ai terzi e qualificazione fiscale. Comprendere le criticità di questa tipologia di Trust è fondamentale per evitare contestazioni di nullità, riqualificazioni fiscali e azioni dei creditori. In questo approfondimento analizziamo i principali punti di attenzione, le recenti pronunce giurisprudenziali e le indicazioni operative per una corretta pianificazione.

1. CRITICITÀ DEL TRUST AUTODICHIARATO

Il Trust autodichiarato si configura quando il disponente, anziché trasferire i beni a un soggetto terzo (Trustee), dichiara di vincolare determinati beni del proprio patrimonio. Ciò avviene tramite la costituzione di un fondo separato che egli stesso amministrerà in qualità di Trustee, secondo le regole e le finalità indicate nell’atto istitutivo.

In questa fattispecie, l’effetto di segregazione patrimoniale si realizza mediante la creazione di un vincolo di destinazione interno al patrimonio del disponente-Trustee, senza alcun trasferimento intersoggettivo della proprietà. L’elemento qualificante è la coincidenza tra chi istituisce il Trust e chi lo gestisce, indipendentemente dall’identità dei beneficiari.

La struttura rimane tale anche qualora il disponente sia indicato come beneficiario o addirittura come beneficiario di reddito durante la vita del Trust. La giurisprudenza ha riconosciuto la validità di Trust autodichiarati in cui il disponente è anche beneficiario, purché ancora in vita alla scadenza del Trust. Tuttavia, la sovrapposizione dei ruoli (disponente, Trustee e beneficiario) accentua le criticità e aumenta il rischio che l’istituto venga considerato nullo o simulato (Trust “sham”).

Trust autodichiarato nullità

In particolare, un Trust autodichiarato in cui il disponente è anche l’unico beneficiario finale è considerato ad alto rischio di nullità. La giurisprudenza è costante nell’affermare che un elemento essenziale del Trust è la perdita di controllo sui beni da parte del disponente (c.d. spossessamento). Se il disponente-Trustee gestisce i beni a beneficio esclusivo di sé stesso, viene meno la reale alterità tra gestore e fruitore. In questi casi, il Trust può essere considerato nullo per:

  • mancanza di causa o causa illecita: se lo scopo è la mera segregazione patrimoniale a danno dei creditori, senza un interesse meritevole di tutela diverso da quello del disponente;
  • assenza di un elemento costitutivo: se la perdita di controllo è solo apparente, il Trust è privo di uno degli elementi essenziali previsti dall’art. 2 della Convenzione de L’Aja.

Esempi concreti

Il Tribunale di Pescara, con la Sentenza n. 1374 del 18 ottobre 2023, ha affermato la nullità di un Trust che “non comporta alcuna perdita di controllo dei beni conferiti da parte del settlor, che continua a gestire e a poter disporre dei beni in Trust, col solo effetto di renderli insensibili alle pretese dei suoi creditori”.

Anche la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza n. 2786/16/23 del 20.09.2023, ha confermato l’interposizione fiscale di un Trust istituito da tre disponenti. Di questi, uno ricopriva anche il ruolo di Trustee, insieme alla propria coniuge mentre i beneficiari erano i figli. La Corte in questa fattispecie ha rilevato:

  • coincidenza tra disponente e Trustee, compromettendo la terzietà;
  • mancanza del guardiano, pur previsto nell’atto istitutivo;
  • gestione incoerente dei beni immobili, utilizzati per il sostentamento familiare;
  • violazione delle clausole statutarie, con utilizzo dei redditi per spese personali;
  • contabilità irregolare, priva di documentazione probatoria;
  • clausole contraddittorie, che permettevano ai disponenti di modificare i beneficiari.

La Corte ha concluso che il Trust non ha mai realizzato una effettiva segregazione patrimoniale, e ha imputato i redditi direttamente ai disponenti ai sensi dell’art. 37, co. 3, DPR 600/1973.

La Corte d’Appello di Torino, inoltre, con la sentenza n. 1148 del 21 ottobre 2021, ha accolto un’azione revocatoria contro un Trust che pregiudicava i diritti del creditore. La Corte ha ritenuto che la segregazione dei beni avesse compromesso la possibilità di soddisfazione del credito. L’azione revocatoria (art. 2901 c.c.) consente al creditore di far dichiarare inefficace un atto dispositivo se questo comporta un danno alle sue ragioni (eventus damni) e se il debitore ne era consapevole (scientia damni). Nel caso di atti a titolo gratuito come un Trust autodichiarato, non è necessario dimostrare la mala fede del terzo.

Secondo la Circolare AdE n. 61/E del 27.12.2010, invece, un Trust viene considerato fiscalmente “inesistente” se il disponente conserva il potere di gestire e disporre dei beni. In tal caso, i redditi devono essere attribuiti direttamente al disponente, come anche confermato dalla Risposta AdE n. 381 dell’11.9.2019.

La riqualificazione fiscale può comportare il ricalcolo delle imposte a carico dei soggetti originariamente non considerati imponibili.

2. PUBBLICITÀ E OPPONIBILITÀ AI TERZI

In Italia non esiste un Registro dei Trust. La pubblicità necessaria per l’opponibilità ai terzi si realizza in modo indiretto attraverso i regimi di pubblicità dei singoli beni conferiti:

  1. beni immobili: trascrizione dell’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c.;
  2. partecipazioni societarie: iscrizione del vincolo nel Registro delle Imprese;
  3. beni mobili registrati: annotazione nei registri competenti (es. PRA).

Un atto istitutivo redatto come scrittura privata autenticata ha data certa (art. 2704 c.c.) ma non è sufficiente per l’opponibilità ai terzi. L’effetto segregativo è opponibile solo se le formalità pubblicitarie sono correttamente eseguite. In assenza di pubblicità, un creditore del disponente può pignorare il bene come se fosse ancora parte del patrimonio personale.

3. ASPETTI FISCALI

Il Trust è un soggetto passivo d’imposta e nella maggior parte dei casi è tenuto agli adempimenti fiscali previsti per i soggetti IRES. La Circolare AdE n. 48/E/2007 stabilisce che il Trust, sia “trasparente” che “opaco”, deve:

  • presentare annualmente la dichiarazione dei redditi;
  • dotarsi di codice fiscale;
  • se esercita attività commerciale, aprire una partita IVA.

Tutti gli adempimenti sono a carico del Trustee. La mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali può costituire un indizio di fittizietà e rafforzare la tesi di simulazione. Il trattamento fiscale dei redditi dipende dalla qualificazione del Trust:

  • Trust opaco: il reddito (es. dividendi) è tassato in capo al Trust al 24% (IRES);
  • Trust trasparente: il reddito è imputato ai beneficiari e tassato al 26%.

La trasparenza richiede che il beneficiario sia individuato e titolare del diritto di ricevere il reddito (Circ. AdE n. 48/2007 e n. 34/2022).

Tassazione e imposte indirette

Le imposte indirette (donazione, registro, ipocatastali) di regola non sono dovute al momento dell’istituzione o della dotazione del Trust ma solo al momento del trasferimento finale ai beneficiari. È possibile però optare: per la tassazione “in entrata”, in modo da anticipare il carico fiscale e gestirlo in un momento più favorevole. Ciò perché è calcolato sul valore degli asset ad oggi, oppure perché si teme che in futuro il Trust o i beneficiari non abbiano la liquidità sufficiente per far fronte all’imposizione, o ancora se si temono innalzamenti dell’attuale imposizione fiscale.

4. INDICAZIONI OPERATIVE

La nomina di un Trustee distinto dal disponente rafforza la validità giuridica del Trust, garantendo una netta separazione tra il patrimonio personale e il fondo in Trust. Ciò riduce il rischio di contestazioni da parte di terzi e di azioni revocatorie. L’affidamento a un Trustee professionale offre ulteriori garanzie:

  • gestione indipendente e conforme all’atto istitutivo;
  • rendicontazione corretta e contabilità separata;
  • terzietà nella gestione, che rafforza la credibilità del Trust.

Inoltre, la presenza di un guardiano (protector) aggiunge un ulteriore livello di controllo, assicurando che la gestione sia coerente con le finalità del Trust e gli interessi dei beneficiari. Infine, è fondamentale:

  • curare le formalità pubblicitarie;
  • istituire e aggiornare il Libro degli Eventi;
  • tenere una contabilità ordinata;
  • presentare regolarmente le dichiarazioni fiscali.

Questi elementi sono essenziali per garantire la corretta configurazione e l’effettiva opponibilità del Trust.

5. VALUTAZIONE, ISTITUZIONE E GESTIONE PROFESSIONALE DI TRUST

Il Trust è un importante strumento che rientra in un ampio insieme di modalità per gestire correttamente la protezione patrimoniale e/o il passaggio generazionale. Talvolta rappresenta l’unico in grado di rispondere a specifiche esigenze.

Un’attenta valutazione e pianificazione, eseguita nei tempi e nelle modalità corrette, senza urgenza e non in fasi critiche, è alla base di una consulenza mirata e ad alto valore aggiunto. Questa, oltre a consentire un’adeguata ottimizzazione fiscale, porta molti vantaggi sia per il disponente che per i beneficiari sotto molteplici aspetti. CARAVATI PAGANI da anni assiste i Clienti nella valutazione, istituzione e gestione di Trust, in coordinamento con un team collaudato e specializzato che include consulenti fiscali, avvocati e collaborazioni con società fiduciarie.

FAQ – Trust autodichiarato

Q. Un trust autodichiarato è sempre valido?
A. No. È valido solo se c’è reale separazione tra patrimonio personale e beni vincolati e se il disponente non mantiene un controllo assoluto. In caso contrario può essere dichiarato nullo o fiscalmente riqualificato.

Q. Come si rende opponibile ai terzi un trust in Italia?
A. Non esiste un registro dei trust. L’opponibilità si ottiene tramite la pubblicità prevista per i beni conferiti (trascrizione immobiliare, annotazione nel registro imprese o PRA, ecc.).

Q. Il Trustee acquista la proprietà dei beni?
A. Sì. Nel trust tradizionale il Trustee diventa proprietario legale dei beni conferiti, con l’obbligo fiduciario di gestirli secondo l’atto istitutivo e nell’interesse dei beneficiari. Nel trust autodichiarato il disponente conserva la titolarità legale perché è lui stesso Trustee ma i beni sono comunque vincolati e separati dal patrimonio personale se il trust è valido.

Q. Chi è il proprietario di un trust?
A. Formalmente il proprietario legale è il trustee, il quale detiene i beni non per sé ma per perseguire gli scopi previsti dall’atto di trust. I beneficiari hanno un diritto economico o aspettativo ma non la proprietà giuridica dei beni finché non vengono loro trasferiti.

Q. Chi è il Trustee?
A. Il Trustee è il soggetto incaricato di amministrare e gestire i beni in trust secondo quanto stabilito nell’atto istitutivo, con obblighi fiduciari verso i beneficiari e doveri di rendicontazione e diligenza.

Q. Il Trustee può essere anche beneficiario?
A. Sì è possibile. Tuttavia, se il Trustee coincide con il disponente ed è anche beneficiario unico o prevalente, il trust può essere considerato nullo o fiscalmente inesistente per mancanza di effettivo spossessamento e terzietà.

Q. Qual è la tassazione di un trust?
A. Dipende dalla qualificazione:

  • Trust opaco → redditi tassati al 24% (IRES) in capo al trust.
  • Trust trasparente → redditi imputati e tassati direttamente ai beneficiari.

Le imposte indirette si applicano di norma al trasferimento finale ai beneficiari.

Q. Serve un guardiano (protector) nel trust?
A. Non è obbligatorio, ma consigliato: un guardiano indipendente rafforza la terzietà e la conformità del trust, riducendo i rischi di contestazione.