COMMERCIALISTA E FUSIONE INVERSA, VANTAGGI E RISCHI

La fusione inversa o rovesciata è sempre più diffusa grazie a un quadro normativo che ne equipara gli effetti a quelli della fusione tradizionale o diretta. Vengono infatti applicate tutte le disposizioni in tema di fusione per incorporazione previste dall’ art. 2501 e seguenti del Codice Civile. Questa tipologia di operazione ha molti vantaggi pratici ed alcune complessità tecniche. Anche l’amministrazione finanziaria con la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 62/E del 24 maggio 2017 si è soffermata sulla difficile interpretazione fiscale dell’operazione.

La consulenza di uno studio esperto in operazioni straordinarie risulta fondamentale nella gestione degli aspetti contabili e finanziari che le imprese si trovano a dover affrontare.

Nel team di Caravati Pagani è presente un team di professionisti specializzato nelle diverse tipologie di fusioni tra aziende.

INDICE

  1. Fusione inversa e fusione diretta, le differenze
  2. La riforma del 2003 sulla fusione inversa
  3. Fusione inversa e leverege buy out (LBO)
  4. Ricorrere all’interpello disapplicativo: fusione inversa e riporto delle perdite
  5. La contabilizzazione della fusione inversa

FUSIONE INVERSA E FUSIONE DIRETTA, LE DIFFERENZE

Il Codice Civile (art. 2501) identifica due differenti modalità attraverso le quali dar luogo ad un’operazione di fusione:

  • l’incorporazione di una o più società da parte di un’impresa esistente (c.d. fusione per incorporazione);
  • la costituzione di una nuova società, nella quale vanno a confluire le società già esistenti (c.d. fusione per unione).

Nel caso della fusione per incorporazione, questa spesso avviene quando tra le società coinvolte sussiste un rapporto di partecipazione. Si parla di fusione diretta quando è la partecipante a incorporare la società partecipata. Ci si riferisce, invece, alla fusione rovesciata o inversa nel caso in cui la partecipata incorpora la partecipante.

A seconda del diverso grado di partecipazione possono verificarsi tre fattispecie nelle quali la società controllante, ovvero l’incorporata possiede:

  • una partecipazione totalitaria nell’incorporante;
  • una partecipazione di maggioranza non totalitaria nell’incorporante;
  • una partecipazione di controllo non maggioritario nell’incorporante.

Perché scegliere la fusione inversa

Le motivazioni che portano a scegliere questa tipologia di fusione sono di natura economica, finanziaria ed organizzativa. Quando la società partecipante è una holding o in generale è caratterizzata da un’operatività che si limita a pochi rapporti esterni, mentre la partecipata è una società operativa che ha rapporti con molti soggetti, i principali vantaggi, con relativo risparmio dei costi diretti, sono:

  • la minore numerosità delle comunicazioni a controparti, commerciali e finanziarie, della partecipata;
  • le minori volture di beni immobili registrati da trasferire all’incorporante con conseguenti trascrizioni ipotecarie e catastali;

evita le limitazioni alla trasferibilità di particolari licenze e/o autorizzazioni in capo alla partecipata;

LA RIFORMA DEL 2003 SULLA FUSIONE INVERSA

A livello normativo vi è stata un’importante evoluzione riguardante gli effetti della fusione. Prima della riforma del 2003 la fusione era equiparata alla generazione dell’estinzione di uno o più soggetti e del trasferimento del patrimonio a un altro soggetto. Esisteva anche un orientamento minoritario che considerava la fusione semplicemente una modificazione degli atti costitutivi delle società coinvolte nell’operazione. La riforma del 2003 ha cambiato radicalmente l’art. 2504-bis, eliminando il riferimento legislativo all’estinzione dei soggetti.

Questa operazione, quindi, attualmente consiste in un evento di tipo “organizzativo”. Le entità giuridiche che vi partecipano si modificano e continuano l’attività senza soluzione di continuità tramite un’unione e assumendo una nuova struttura organizzativo-societaria.

Stratificazione del patrimonio netto della fusione diretta e inversa

Sotto il profilo quantitativo il patrimonio netto della società risultante dalla fusione risulterebbe il medesimo, sia nel caso di fusione diretta sia nel caso di fusione inversa.

La risoluzione n. 62/E del 25 maggio 2017 ha però limitato l’equivalenza a tale profilo. L’Agenzia, infatti, indica che non è possibile estendere il principio di equivalenza alla “qualificazione delle voci di patrimonio netto della società risultante dalla fusione, poiché esso concerne gli effetti economici complessivi dell’operazione stessa e non può prevalere sul dato giuridico-formale”.

Nella sostanza la risoluzione obbliga l’incorporante a mantenere l’iscrizione di riserve in sospensione di imposta, a pena di tassazione delle stesse, inoltre all’eventuale avanzo di fusione sarà attribuita, in proporzione, la stessa natura tributaria delle riserve dell’incorporata/controllante.

Tale risoluzione non pare recepire l’evoluzione del fenomeno sul piano societario e fa riferimento ai principi di sopravvivenza e di estinzione dell’ente giuridico, del tutto estranei alla fusione post-riforma.

È evidente che è indispensabile un’attenta valutazione e simulazione del patrimonio netto post-fusione con la ricostruzione delle riserve e la verifica della fiscalità di ciascuna, prima di procedere con tale operazione straordinaria.

Norme applicabili alla fusione inversa

A seguito della riforma del 2003 sono divenute applicabili sia alla fusione diretta che a quella inversa le norme di cui:

  • all’art. 2505 (incorporazione di società possedute interamente),
  • all’art. 2501-bis (fusione a seguito di acquisizione con indebitamento),
  • all’art. 2505-bis (incorporazione di società possedute al 90%).

L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) si occupa di questa tipologia di fusione sul piano dei principi contabili, con il principio n. 4. Anche quest’ultimo ha confermato l’equivalenza tra fusione diretta e fusione rovesciata.

FUSIONE INVERSA E LEVEREGE BUY OUT

La fusione rovesciata è utilizzata frequentemente nelle operazioni di LBO (leverege buy out) nelle quali la società Holding (HoldCo) è una newco finanziata al fine dell’acquisto del controllo della società Target operativa. A tale operazione segue solitamente la fusione tra le due società per facilitare il rimborso del debito. Si può infatti attingere in modo diretto ai flussi finanziari generati dalla società operativa, senza dover passare da distribuzione di dividendi che – oltre a comportare una tassazione – ha dei limiti temporali (approvazione bilancio Target) e potrebbe avere altre limitazioni (es covenants su finanziamenti). È chiaro che, per i vantaggi economico-organizzativi già citati, nella maggioranza dei casi la forma tecnica alla quale si ricorre è la fusione inversa in quanto la società Target normalmente detiene gli assets materiali e immateriali e i rapporti con dipendenti, fornitori, clienti e banche, mentre la HoldCo detiene solamente la partecipazione nella Target.

RICORRERE ALL’INTERPELLO DISAPPLICATIVO: FUSIONE INVERSA E RIPORTO DELLE PERDITE

Nelle operazioni di fusione e di scissione si ricorre frequentemente all’interpello disapplicativo per poter riportare eccedenze di interessi passivi e di ACE (aiuto alla crescita economica) e perdite pregresse. Difatti, nel caso in cui si proceda a fusione inversa in un’operazione di LBO la società veicolo (neocostituita HoldCo) nella quasi totalità dei casi non supererà né il limite quantitativo né il test di vitalità economica indicati dall’art. 172, comma 7 del TUIR come necessari al fine di riportare i benefici fiscali delle società partecipanti alla fusione derivanti da perdite pregresse, eccedenze di interessi passivi e ACE. In questi casi però sembrerebbe che l’Agenzia delle Entrate, così come indicato nella risposta del 13 febbraio 2020, n. 57 ponga l’accento sul fatto che nella sostanza non si ravvisi alcun comportamento antielusivo, ma semplicemente la mera applicazione della norma prevista dall’art. 2501 bis C.c. per le c.d. “fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento”.

Operazione di fusione inversa con incorporazione della controllante totalitaria

Un’operazione di fusione inversa con incorporazione della controllante totalitaria può dare luogo a una differenza da fusione. In questo caso si applicano le norme sulla ricostituzione delle riserve in sospensione d’imposta e quelle sulla stratificazione delle altre riserve. Ne deriva un incremento del patrimonio netto contabile (Pnc) della controllata-incorporante che sopravvive legalmente all’operazione, causato dalle differenze contabili fra il valore di carico della partecipazione nell’incorporata- controllante ed il valore del patrimonio netto dell’incorporante-controllata.

All’eventuale incremento del Pnc si applicano le regole previste dall’articolo 172, commi 5 e 6, Tuir.

LA CONTABILIZZAZIONE DELLA FUSIONE ROVESCIATA

La rappresentazione contabile della società risultante dall’operazione di una fusione inversa è la medesima a quella che si sarebbe avuta in caso di fusione diretta.

L’OIC distingue due strade per giungere alla contabilizzazione della fusione rovesciata:

  • diretta distribuzione delle azioni della controllata-incorporante ai soci della controllante-incorporata, generalmente percorribile nei casi di partecipazione totalitaria nella controllata;
  • aumento di capitale della controllata-incorporante e successivo annullamento delle azioni proprie ricevute a seguito della fusione rovesciata. Se la partecipazione di controllo detenuta nell’incorporante è non totalitaria, si può anche assistere alla generazione di differenze da concambio, rilevate contabilmente in base agli stessi criteri seguiti per le fusioni dirette.