COMMERCIALISTA E NUOVO REGIME FISCALE DELLE CRIPTO-ATTIVITÀ

COSA SONO LE CRIPTO-ATTIVITÀ?

Il termine cripto-attività viene spesso utilizzato con significati tra loro eterogenei, talvolta a indicare solamente i token fungibili (tra cui si trovano le criptovalute), altre volte a ricomprendere anche i token non fungibili (come i cosiddetti NFT).

In particolare, le criptovalute (ad esempio Bitcoin, Ethereum, Binance) e le “stablecoin” (quali Tether, USD Coin, Binance USD, DeCash), possono essere definite come un dato elettronico a cui è attribuito un determinato valore, fruibile per le transazioni sulla blockchain.

Gli NFT (non fungible token) sono invece token relativi a un asset virtuale unico e rilevante nella sua individualità (ne sono un esempio recente alcune opere d’arte, video, brani musicali, carte da gioco, avatar). L’acquirente di un’opera legata a un NFT non acquista l’opera in sé, ma la possibilità di vantare un diritto sull’opera, garantito attraverso uno smart contract.

In generale tutte le cripto-attività sono basate sulla tecnologia blockchain, una struttura peer-to-peer che collega ogni singola transazione mediante crittografia e distribuisce i calcoli (caratterizzati da un algoritmo open source) tra più soggetti mediante un sistema di “distributed ledger”, in maniera decentralizzata, attraverso unità indipendenti, i cosiddetti “nodi”, prevedendo l’archiviazione delle informazioni in “blocchi”.

EVOLUZIONE DELLA FISCALITÀ DELLE CRIPTOVALUTE

Il regime fiscale delle cripto-attività è stato completamente riformulato dalla Legge di Bilancio 2023. Innanzitutto, viene introdotta una nuova definizione di cripto-attività, ossia “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti o memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”.

Viene pertanto abbandonata la precedente interpretazione che assimilava le criptovalute alle valute estere.

Vediamo quindi come si è evoluta la normativa fiscale negli anni, come vengono trattate fiscalmente le criptovalute (sia in caso di possesso da parte di persone fisiche, sia di società) e le nuove opportunità di sanatoria introdotte dalla nuova finanziaria.

GLI ORIENTAMENTI FISCALI PREGRESSI

In ordine temporale, dapprima la risoluzione n. 72 del 2 settembre 2016 dell’Agenzia delle Entrate assimilava le criptovalute alle valute estere, comportando per le situazioni di cash out (ovvero la vendita delle cripto e conversione in moneta FIAT) l’assoggettamento alle regole di tassazione previste per le cessioni di tali valute.

Se la giacenza dei conti fosse stata superiore a 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi consecutivi, infatti, tali redditi avrebbero dovuto considerarsi assoggettati a tassazione. L’eventuale plusvalenza risultava soggetta all’imposta sostitutiva del 26%.

Successivamente, il disegno di legge A.S. 2572 del 30 marzo 2022 mirava a considerare quale cessione a titolo oneroso “solo l’operazione che comporta il pagamento o la conversione in euro o in valute estere”, non prevedendo forme di imposizione per lo scambio fra valute virtuali. Venivano regolate inoltre le ipotesi di staking (ovvero contribuire alla validazione delle transazioni), riconducendole nell’insieme dei redditi di capitale, nonché quelle dei rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere o acquistare a termine le valute virtuali.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 397 dell’1 agosto 2022 ha esposto inoltre il proprio orientamento in merito ai criteri di territorialità delle valute virtuali ai fini delle imposte sui redditi, legandola a quella dell’intermediario.

Secondo la risposta all’interpello n. 433 del 24 agosto 2022, invece, i proventi ricevuti a fronte dell’attività di staking hanno natura di redditi di capitale, assoggettato a ritenuta a titolo d’acconto del 26% (risposta all’interpello n. 437 del 26 agosto 2022).

Con le risposte all’interpello n. 508 del 12 ottobre 2022 e n. 515 del 17 ottobre 2022, il Fisco aveva precisato che i proventi dell’attività di mining hanno natura fiscale di ricavi (in base al controvalore in euro della valuta virtuale nel momento in cui essa viene minata) e concorrono a formare il reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui i servizi possono considerarsi ultimati.

IMPOSIZIONE DIRETTA: NOVITÀ DELLA LEGGE DI BILANCIO 2023

Con la Manovra finanziaria per il 2023, il legislatore dal comma 126 al 147 ha disciplinato ex novo con una normativa ad hoc il regime fiscale delle cripto-attività, settore che, nonostante la crescente diffusione nella finanza mondiale, era rimasto privo di regolamentazione fiscale in Italia.

Il nuovo art. 67 co. 1 lett. c-sexies) del TUIR, introdotto dall’art. 1 co. 126 della L. 197/2022, si riferisce infatti al regime impositivo delle cripto-attività per le persone fisiche.

Le cripto-valute non sono più valute estere: via la soglia dei 51.645,69 euro

Come recita la norma, “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate” rientrano tra gli asset produttivi di redditi diversi di natura finanziaria.

I proventi dell’attività di staking rientrerebbero quindi tra i redditi diversi di natura finanziaria e verrebbe meno la previsione per cui la natura di plusvalenza sarebbe subordinata alla detenzione di tali attività per almeno 7 giorni lavorativi continui per un importo superiore a 51.645,69 euro.

Irrilevanza degli scambi cripto-cripto e cashout cripto-fiat con limite a 2.000 euro

Viene previsto che tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro nel periodo d’imposta (in modo da evitare l’emersione di fenomeni impositivi generalmente riferibili a operazioni ricorrenti di modico valore, come nel settore del gaming), mentre in ogni caso non sono fiscalmente rilevanti le permute tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni.

Ricapitolando, vengono quindi tassate le plusvalenze e gli altri redditi che derivano:

  • dall’utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o servizio;
  • dall’utilizzo di una valuta virtuale per l’acquisto di un NFT;
  • dalla conversione di una valuta virtuale in euro o in altre valute FIAT.

Pertanto, la criptovaluta viene tassata (per la differenza tra valore attuale e costo storico) nel momento in cui viene “utilizzata” oppure viene “convertita” in valute fiat, in NFT, in beni o servizi.

Costituiscono eccezione a tale regola i proventi derivanti dalla mera detenzione di cripto-attività nelle ipotesi in cui le medesime vengano “vincolate” affinché se ne generino altre, come nel caso di mining, di staking e di airdrop (criptovalute ricevute in “regalo”), che sono assoggettate a tassazione (senza alcuna deduzione) nel momento in cui sono ricevuti.

Qual è l’orientamento in merito alle stablecoin?

Per quanto riguarda le stablecoin, ossia cripto-valute il cui valore è legato a valute di emissione statale, rimane da comprendere quale orientamento assumerà il Fisco, ovvero se le parificherà alle criptovalute, e pertanto non tassate nei passaggi cripto-cripto o se considerate un momento di cashout tassato.

Si tratta infatti di un fenomeno rilevante, anche alla luce delle vicende che hanno caratterizzato il mercato delle cripto-attività portando gli investitori verso strumenti meno volatili e della recente decisione della Banca Centrale Europea di proporre un progetto di euro digitale, volto a favorire la permuta di cripto-valute in valuta UE.

Imposta sostitutiva del 26% sui redditi da cripto-attività

In materia di base imponibile, con il nuovo co. 9-bis, è disposto che:

  • le plusvalenze sono determinate in base alla differenza tra il corrispettivo percepito, o il valore normale delle attività permutate, e il costo o valore di acquisto delle stesse;
  • i redditi derivanti dalla detenzione delle cripto-attività sono determinati in base a quanto percepito, senza alcuna deduzione.

Sia le plusvalenze che gli altri redditi derivanti da cripto-attività sono assoggettati all’imposta sostitutiva del 26%.

Il costo o valore di acquisto, da documentarsi a cura del contribuente, si basa su “elementi certi e precisi”. In loro assenza, il costo è pari a zero.

Viene previsto inoltre che le plusvalenze sulle cripto-attività siano sommate unicamente alle minusvalenze su cripto-attività, escludendo la possibilità di effettuare compensazioni incrociate. Se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze, per un importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza è portata a deduzione integrale delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto. Solamente in via transitoria, le minusvalenze realizzate su cripto-attività sino al 2022 posso essere portate in compensazione anche degli altri redditi diversi di natura finanziaria.

Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito oppure il valore dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume invece come costo quello sostenuto dal donante.

Per i redditi in esame sono ammesse le opzioni per i regimi del risparmio amministrato e del risparmio gestito.

NOVITÀ PER I SOGGETTI CHE AGISCONO IN REGIME D’IMPRESA

Per quanto concerne invece i soggetti imprenditori, con l’inserimento nell’art. 110 del TUIR del nuovo co. 3-bis, viene previsto che non concorrono alla formazione del reddito ai fini IRES e IRAP i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività alla chiusura del periodo d’imposta, a prescindere dall’imputazione a Conto economico.

La prassi contabile sui bilanci IAS/IFRS e gli orientamenti dottrinali per i bilanci OIC tendono a ritenere corretto l’inquadramento delle cripto-attività tra i beni immateriali se detenute per investimento e tra le rimanenze se detenute a fini speculativi.

Tuttavia, finora l’Agenzia delle Entrate ha adottato l’impostazione secondo la quale le criptovalute vanno trattate ai fini contabili come valute tradizionali. Da ciò deriverebbe una valutazione basata sul cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e la conseguenza sarebbe la rilevazione a Conto economico delle oscillazioni di valore non realizzate. La nuova modifica normativa esclude tout court la rilevanza fiscale delle valutazioni delle cripto-attività effettuate alla chiusura del periodo d’imposta.

Alla classificazione contabile di immobilizzazioni immateriali conseguirebbe l’applicazione degli artt. 86 e 101 del TUIR per quanto riguarda il realizzo di eventuali plusvalenze o minusvalenze. D’altro canto, la classificazione come rimanenze delle cripto-attività comporterebbe l’applicazione dei criteri di carico, scarico e realizzo di ricavi come disposto dall’art. 85 del TUIR.

IMPOSTA DI BOLLO E IVAFE

Dal 2023 anche le cripto-attività saranno soggette all’imposta di bollo o all’IVAFE nella misura proporzionale del 2 per mille. L’imposta di bollo è dovuta nel caso in cui le cripto siano detenute presso un intermediario residente che la applica direttamente, mentre l’IVAFE è dovuta nel caso in cui le cripto-attività siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su supporti di memoria esterne, PC, smartphone o altri device informatici.

Gli obblighi di assolvimento dell’IVAFE vengono estesi alla generalità dei soggetti residenti, ove le cripto-attività non siano assoggettate all’imposta di bollo. Anche i soggetti imprenditori dovranno assolvere l’imposta di bollo o l’IVAFE sulle cripto-attività. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta è dovuta nella misura massima di 14.000 euro.

OCCORRE INDICARE LE CRIPTO-ATTIVITÀ NEL QUADRO RW?

Per quanto riguarda il quadro RW della dichiarazione dei redditi, la modifica ha incluso espressamente tra le attività oggetto di segnalazione le cripto-attività.

Gli obblighi di monitoraggio nel quadro RW “sussistono indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse, prescindendo dalla circostanza che le stesse siano detenute all’estero o in Italia”.

L’obbligo di segnalazione all’Anagrafe tributaria di operazioni da e verso l’estero per importi superiori a 5.000 euro, viene ampliato anche alla categoria delle cripto-attività e, dal punto di vista soggettivo, esteso ai prestatori di servizi di portafoglio digitali (c.d. wallet).

In relazione a questa nuova categoria monitorata non vi è alcun riferimento di tipo territoriale. L’intenzione del legislatore è quella di prescindere dalle indagini sulla residenza fiscale dei soggetti che forniscono i servizi di detenzione e utilizzo di cripto-attività (tra cui wallet ed exchange) ed obbligare il contribuente ad una totale disclosure su qualunque tipo di cripto-attività, ovunque e comunque detenuta.

La norma nulla prevede in merito alla valorizzazione delle cripto-attività. Sembrerebbe opportuno indicare il costo di acquisto delle medesime, in quanto si tratta dell’unico valore oggettivo a disposizione del contribuente.

Il controvalore in euro della valuta virtuale, detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento, deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale, o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale venduta in corso d’anno.

LA SUCCESSIONE E DONAZIONE DI CRIPTOATTIVITÀ

Le cripto attività possono ricadere in successione o essere oggetto di donazione.

La legge stabilisce che in caso di acquisto per successione il costo sia pari a quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, in caso di donazione invece che si assuma il costo di acquisto del donante. Vengono considerate plusvalenze tutti gli altri casi in cui si verifichi un trasferimento a soggetti diversi dagli intestatari e pertanto sottoposti a tassazione.

È POSSIBILE RIDETERMINARE IL VALORE DELLE CRIPTO-ATTIVITÀ?

Vi è la facoltà di assumere, in alternativa al costo o al valore di acquisto, il valore normale alla data del 1° gennaio 2023, a condizione che il tale valore sia assoggettato a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi del 14%.

L’imposta sostitutiva deve essere versata, alternativamente:

  • in un’unica soluzione, entro il 30.06.2023;
  • in un massimo di tre rate annuali di pari importo, con interessi del 3% annuo sulle rate successive alla prima.

Osservando il contesto attuale, bisogna evidenziare che le principali criptovalute hanno subito un crollo di valore di oltre il 50% year-to-date, di conseguenza è logico desumere che tale misura di rivalutazione sarà conveniente in particolare per i contribuenti che hanno acquistato assets virtuali prima del 2021, vale a dire a prezzi più bassi di quelli correnti, oppure che, non essendo in grado di documentare con precisione il valore di carico, vogliano mettersi al riparo rispetto all’applicazione del “costo pari a zero”.

In ogni caso la convenienza del versamento dell’imposta sostitutiva con aliquota ridotta rispetto alla tassazione ordinaria aumenta proporzionalmente all’ammontare delle plusvalenze latenti.

REGOLARIZZAZIONE (SANATORIA) DELLE CRIPTO-ATTIVITÀ ATTRAVERSO ISTANZA DI EMERSIONE

È stata introdotta una apposita procedura di regolarizzazione delle violazioni pregresse, sia in tema reddituale che di monitoraggio fiscale.

L’istanza di emersione deve essere effettuata entro il 30.06.2023 e sana quanto detenuto al 31.12.2021.

Possono accedere alla regolarizzazione le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia.

Trattasi pertanto di un’occasione da cogliere per tutti quei contribuenti che desiderano regolarizzare la posizione, evitando le sanzioni previste dalla normativa fiscale per il quadro RW, rendendo pienamente spendibili le cripto-attività.

Il presupposto per la regolarizzazione è l’omessa indicazione nel quadro RW delle cripto-attività detenute entro il 31.12.2021, nonché l’omessa indicazione dei redditi da esse ritratte.

La regolarizzazione avviene con la presentazione entro il 30.06.2023 di una istanza di emersione, il cui modello sarà prossimamente approvato con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Se il contribuente aveva criptovalute da dichiarare nel quadro RW, occorre versare una sanzione ridotta dello 0,5% del valore delle attività non dichiarate per ciascun periodo d’imposta interessato.

Se il contribuente ha anche realizzato redditi nel periodo di riferimento, la regolarizzazione avviene con il pagamento:

  • di una imposta sostitutiva pari al 3,5% del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno, o al momento del realizzo;
  • e di una maggiorazione dello 0,5% del medesimo valore, a titolo di sanzioni e interessi, che copre le violazioni sul monitoraggio fiscale.

Dovrebbero poter accedere alla regolarizzazione anche i soggetti che hanno omesso tout court la presentazione della dichiarazione.

L’imposta sostitutiva potrà essere versata in una soluzione entro il 30.06.2023 unitamente all’istanza di presentazione o in 3 rate annuali di pari importo a partire dal 30.06.2023 maggiorandole di interessi annui del 3% da versarsi con ciascuna rata successiva.

COS’ È LA NUOVA “CRYPTO VOLUNTARY DISCLOSURE”?

La crypto voluntary disclosure rimuove gli effetti delle violazioni reddituali ed esclude l’irrogazione delle sanzioni per il monitoraggio fiscale.

In generale, la tassazione delle plusvalenze e dei redditi generati dalle attività in criptovalute fiscalmente rilevanti sono soggette ad imposta sostitutiva del 26%. Prima della Legge di Bilancio 2023, le plusvalenze ottenute sulle criptovalute erano tassate solo se nel corso dell’anno le criptovalute (e le valute estere) erano detenute per una cifra superiore a 51.645,69 euro per più di 7 giorni lavorativi consecutivi nel corso dell’anno. Una franchigia abbastanza elevata che viene ridotta a 2.000 euro, ma ora calcolata sull’ammontare delle plusvalenze.

Con la nuova crypto voluntary disclosure, nel caso in cui siano stati prodotti redditi, il contribuente dovrà versare un’imposta sostitutiva nella misura del 3,5% del valore delle medesime attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, oltre al pagamento dello 0,5% annuo per sanare le violazioni del monitoraggio fiscale.

Tali percentuali non devono essere applicate sul valore della plusvalenza realizzata, ma sull’intero portafoglio di cripto-valute detenuto dal soggetto dichiarante. La norma poi pare ancora poco chiara sulla quantificazione del valore sul quale si dovrà eventualmente andare a pagare il 4% complessivo, ovvero se siano da considerare o meno anche i prelievi effettuati.

Conviene quindi aderire alla crypto voluntary disclosure?

Sulla base delle considerazioni appena svolte, occorre verificare attentamente la convenienza circa l’adesione alla collaborazione volontaria proposta dalla Legge di Bilancio.

In termini sanzionatori invece, la violazione dell’obbligo di dichiarazione degli investimenti esteri e delle attività finanziarie estere è normalmente punita con la sanzione amministrativa dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati, misura che raddoppia se gli investimenti sono detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Il ravvedimento operoso potrebbe essere in alcuni casi più vantaggioso, in quanto lo 0,5% è pari ad un sesto della sanzione minima del 3%, applicabile per la detenzione di assets in Paesi non black list.

È opportuno ricordare che la normativa fiscale prevede inoltre una presunzione secondo la quale gli asset detenuti nei Paesi a fiscalità privilegiata si presumono costituiti, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale fattispecie vengono raddoppiate le sanzioni previste per omessa (o infedele) dichiarazione dei redditi, derivandone un incremento dal 120% al 240% per la sanzione minima e dal 240% al 480% per la sanzione massima, oltre al raddoppio dei termini a disposizione dell’Amministrazione finanziaria ai fini dell’accertamento, della contestazione e dell’irrogazione delle sanzioni.

La misura potrebbe essere tuttavia molto conveniente per i contribuenti che abbiano omesso la dichiarazione fiscale, per i quali non è possibile accedere alla regolarizzazione spontanea, oltre che per coloro che ritengono meno dispendiosa l’imposta sostitutiva sui redditi non dichiarati. La nuova sanatoria potrebbe risultare più attraente anche grazie al piano di pagamento rateale applicabile in sede di attuazione.

Condicio sine qua non per accedere alla sanatoria consiste nella “dimostrazione della liceità delle somme investite”. Il contribuente in caso di presentazione di istanza di emersione deve dimostrare che la provenienza dei fondi investiti non derivi da attività illecite, in modo da far emergere le somme mai dichiarate e potendole a questo punto tranquillamente convertire in valute fiat facilmente spendibili sul mercato.

Come effettuare la nuova voluntary disclosure per le cripto-assets?

Come tutte le procedure di voluntary disclosure si tratta di una procedura tecnica che richiede un’attenta analisi della fattispecie, la quale prevede determinati adempimenti quali la compilazione di appositi modelli e la messa in atto di adeguate verifiche relativamente alla situazione del detentore.

L’apposito Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate indicherà precisamente il contenuto, le modalità di attuazione e di calcolo oltre che i termini di presentazione dell’istanza di emersione.

COMMERCIALISTA E CRIPTOVALUTE

Lo Studio da anni assiste i clienti nella gestione delle criptovalute, siano esse detenute da persone fisiche o da società.

Attraverso un Team che ha gestito negli anni centinaia di pratiche tra Scudi Fiscali e Voluntary Disclosure, lo Studio è a disposizione per supportare nell’analisi di convenienza, nella verifica dei requisiti, nell’eventuale presentazione dell’istanza di emersione e determinazione dell’imposta sostitutiva oltre che nelle dichiarazioni dei redditi degli anni successivi.