La normativa sul Bilancio di sostenibilità in Italia

Il Bilancio di sostenibilità sta divenendo argomento sempre più attuale. Da un lato, la normativa europea introduce i futuri step che porteranno tale documento a divenire obbligatorio per una platea di soggetti più ampia. Dall’altro, sempre più stakeholder richiedono questo tipo di informativa. Banche, fondi di investimento e istituzioni sono solo alcuni dei soggetti che stanno già richiedendo la pubblicazione di informazioni non finanziarie nei tre ambiti fulcro del Bilancio di sostenibilità ovvero quello ambientale, quello sociale e quello economico. Quest’ultimo inteso anche come sostenibilità economica rispetto alle strategie, poste in essere o meno, all’interno dei primi due ambiti.

Il trend sembra perciò essere incontrovertibile e porterà con ogni probabilità a un futuro nel quale l’informativa ESG (Environment Social Governance) non comporterà più una differenziazione rispetto ai competitors, come viene ora percepita, ma una necessità al fine di accedere a credito bancario agevolato, bandi, capitale da fondi di investimento e altri strumenti riservati a soggetti con determinati livelli di trasparenza comunicativa e/o rating di sostenibilità.

INDICE

  1. Cos’è il Bilancio di sostenibilità
  2. La normativa europea e la roadmap
  3. I principi di rendicontazione sulla sostenibilità
  4. I vantaggi dell’adozione del bilancio di sostenibilità
  5. Conclusioni

1. COS’È IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ

Il Bilancio di sostenibilità è un report redatto annualmente da parte di un’organizzazione, un’azienda o un ente. È definito dall’unione europea nel 2001 all’interno del Libro Verde della Commissione UE come “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Trattasi nel concreto di un documento informativo nel quale un soggetto, nella fattispecie di nostro maggior interesse un’azienda, comunica ai propri stakeholders (dipendenti, banche, governance, istituzioni pubbliche, clienti, fornitori, consulenti ecc..) l’impatto dell’attività aziendale, gli obiettivi raggiunti e prefissati, nonché le strategie per raggiungerli, nelle tre aree chiave, quali:

  • ambiente ecologico. L’azienda dovrà comunicare l’impatto della propria attività rispetto alle risorse (limitate o illimitate) utilizzate, l’impegno a raggiungere degli obiettivi quantificabili e verificabili e le strategie operative da adottare per raggiungerli. Nei report più complessi tali informazioni riguardano tutta la supply chain;
  • ambiente economico. Rispetto a questo l’azienda dovrà comunicare in che modo distribuisce la ricchezza generata, oltre all’impatto economico derivante dalle strategie operative poste in essere, o meno, rispetto agli obiettivi ecologici e sociali pianificati;
  • ambiente sociale. In merito a questo l’azienda dovrà informare come intende favorire la crescita del territorio in cui opera, quali azioni ha intrapreso o intende intraprendere al fine di ridurre il gender gap e tutelare la salute, i diritti ed il benessere dei propri lavoratori.

Il ruolo degli stakeholders

Lo sforzo interno di una qualsiasi organizzazione che si appresta a rilasciare tale informativa è sicuramente notevole. Il coinvolgimento degli stakeholders è fondamentale, ma di non facile attuazione. La raccolta dei dati e la loro elaborazione e rappresentazione comporta la strutturazione di procedure atte a rendere il più efficienti e misurabili possibile tali passaggi.

La fase di pianificazione diventa perciò cruciale al fine di decidere quali informazioni comunicare e con che grado di profondità fornirle.

2. LA NORMATIVA EUROPEA E LA ROAD MAP

In data 16 dicembre 2022 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la direttiva UE 2022/2464 c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive (CSDR).

La direttiva tocca diversi punti di fondamentale importanza a partire dall’ampliamento della platea dei soggetti interessati dai nuovi obblighi ed alle tempistiche entro il quale dovranno adattarsi:

  • dal 1° gennaio 2024 saranno obbligati alla redazione le grandi imprese con più di 500 dipendenti, purché Enti di Interesse Pubblico, già soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria;
  • dal 1° gennaio 2025 saranno obbligate le altre grandi imprese, anche non EIP, aventi (su base consolidata) più di 250 dipendenti e/o fatturato superiore a 40 milioni di euro e/o totale attivo superiore a 20 milioni di euro;
  • dal 1° gennaio 2026 l’obbligo si estenderà alle piccole e medie imprese, qualificabili come Enti di Interesse Pubblico e che non rientrano nella categoria delle microimprese.

I contenuti della rendicontazione in tema di responsabilità saranno inclusi nella relazione sulla gestione, attraverso apposita sezione, la stessa andrà redatta sulla base delle prescrizioni contenute nei nuovi artt. 29-ter e 29-quater introdotti nella direttiva 2013/34/UE che fanno riferimento ai principi di rendicontazione sulla sostenibilità (ESRS) introdotti a cura dello European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).

Tale relazione sulla gestione dovrà essere redatta nel formato elettronico unico di comunicazione (European Single Electronic Format o ESEF) e diventerà a tutti gli effetti una pagina web in formato XHTML. Inoltre, dovrà essere marcata attraverso l’eXtensible Business Reporting Language (XBRL) e dovrà essere attestata la sua conformità.

3. I PRINCIPI DI RENDICONTAZIONE SULLA SOSTENIBILITÀ

Fino ad oggi nessuna norma ha specificato quali principi debbano essere adottati per la rendicontazione di sostenibilità. Il modello attualmente più diffuso per redigere il bilancio di sostenibilità è quello del Global Reporting Iniziative (GRI), ente internazionale senza scopo di lucro nato con il fine di definire gli standard di rendicontazione della performance sostenibile di aziende e organizzazioni.

Si tratta di una lista di indicatori e informazioni richieste, suddivise per ambito (economico, sociale ed ambientale) che devono essere incluse nel bilancio di sostenibilità.

In tempi più recenti, altri enti si sono fatti avanti per identificare degli standard riconosciuti. In particolare, nel novembre del 2021 l’IFRS foundation ha annunciato la creazione dell’International Susteinability Standard Board (ISSB) https://www.ifrs.org/groups/international-sustainability-standards-board/#about avente ad oggetto lo sviluppo di un set di standard di alta qualità riconosciuti a livello globale. L’ISSB sarà a tutti gli effetti l’omologo dell’International Accounting Standards Board (IASB) sulle tematiche riguardanti la sostenibilità.

Adeguamenti in Italia e in Europa

In Italia anche l’OIC ha modificato il proprio statuto per adeguare il testo alle nuove funzioni svolte nell’ambito della sostenibilità. In particolare, è stata estesa agli standard di sostenibilità la sua funzione di supporto all’attività Parlamentare e degli Organi Governativi, oltre alla partecipazione all’elaborazione degli standard a livello europeo e internazionale.

A livello europeo l’entrata in vigore della CSRD ha definito l’EFRAG come l’ente ufficiale di emanazione dei principi europei di rendicontazione. Lo scorso 22 novembre lo stesso ha emanato il primo set della bozza in consultazione costituito da 12 documenti, verrà prossimamente emanato il secondo set contenente gli standard relativi a settori specifici e le semplificazioni per le piccole medie imprese.

4. I VANTAGGI DELL’ADOZIONE DEL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ

Ad oggi sono numerose le imprese che hanno redatto i loro report di sostenibilità, nonostante non sia ancora in vigore alcun obbligo di legge, molte delle quali incoraggiate da richieste provenienti da propri clienti/fornitori o dalla stessa proprietà.

È fuori dubbio che, la formulazione di un bilancio di sostenibilità, possa offrire numerosi vantaggi che vanno al di là della compliance normativa:

  • accresce la “green reputation” aziendale anche nei confronti della clientela finale sempre più attenta alle politiche ESG con conseguente promozione del brand-azienda;
  • permette l’accesso a nuovi mercati che richiedono determinate informazioni e/o rating ESG. Molte aziende al fine di rispettare determinate normative richiedono, infatti, anche ai loro fornitori di attuare e comunicare delle politiche di sostenibilità;
  • introduce la misurazione di numerosi KPI che consentono di evitare sprechi e di ottimizzare la gestione delle risorse utilizzare dall’azienda;
  • migliora la gestione dei rischi dovuti al cambiamento climatico puntando sull’impact investing;
  • consente di accedere a bandi e di ottenere finanziamenti con tassi agevolati concessi alle sole aziende aventi determinati standard di sostenibilità;
  • beneficiare di tassi di interesse passivi bancari inferiori.

A fronte di un impegno significativo da parte della struttura aziendale il ritorno, sotto numerosi punti di vista, è sicuramente da non sottovalutare e potrebbe portare un ritorno, sia dal punto di vista reputazionale che dal punto di vista economico/finanziario, notevole.

5. CONCLUSIONI

Lo studio Caravati Pagani è al fianco delle aziende per affrontare questa nuova sfida, in particolare tramite il supporto nella redazione dei documenti, nell’individuazione dei partner più adeguati e in generale nella realizzazione di un Assesment per verificare lo stato dell’azienda e nell’individuazione preliminare delle azioni necessarie (GAP Analysis) oltre che valutare eventuali certificazioni di scoring ESG.